
'L’inverno s’avviava nel lungo sereno, ed era un inverno mite; le farfalle e gli altri insetti, aggrappati alla vita, trascorrevano la notte sul lato occidentale dei cespugli, sui rami che avevano raccolto il sole della sera. Le mimose gonfiavano i glomeruli, stavano per fiorire.
Ma un giorno, dopo lunghe crepe di splendore, dalle nubi venute dal mare scese la neve e ghiacciò sugli alberi investiti da un vento gelido. Cadevano i fiori e si spaccavano le cortecce. Varì passò a scuotere le mimose per liberarle dal manto nevoso, a rialzare quelle che s’erano abbattute. Ma fu inutile. Ben presto divennero un groviglio di fronde arse.
Non era mai venuto, a memoria d’uomo, un gelo simile.
Gli restò solo la voglia di guardare e piangere: s’insediava nel mimoseto, per le terrazze, un’oscurità minerale, una rigidità ostile. Sembrava fosse passato il fuoco, a carbonizzare.'